Il testo non è affatto minimo e quindi non dovrebbe trovarsi qui, ma è anche il primo scritto composto dopo lunghissimi mesi di silenzio. Non è neanche un omaggio a Tancredi ( Alain Delon) e a Angelica ( Claudia Cardinale): semmai dovrebbe esserlo a Burt Lancaster, il più incredibile perfetto vecchio siciliano mai interpretato da un non siciliano. Il testo è solo uno sfizio - omaggio a me stesso scrivente dopo un periodo di lungo e enorme tedio in condizioni obiettivamente scomode. Quando, stasera, mi toglieranno l'ago della flebo attaccato alla vena radiale sinistra, se ne avrò la forza trascriverò queste righe scritte con lo smartphone anche su altri blog. Adesso basta così.
Non è solo una questione di sintassi (esemplare) e nemmeno di lingua intesa come armonia e scelta di termini adeguati. Esiste una sorta di DNA atavico, trasmesso forse di generazione in generazione, arricchito e educato da frequentazioni familiari di livello elevato a spingere verso una scrittura di qualità ma tutto questo non basta in letteratura. C'è una grande componente che riguarda la storia, i suoi interpreti, i luoghi, i momenti che coagulano in modo particolarissimo in una breve stagione ma nemmeno questo basta a creare un capolavoro. La sintassi, la storia e la lingua definiscono, esaltano in alcuni casi, la letteratura ma l'eccezionalità nasce da un parto imprevedibile; in Sicilia è necessario aggiungervi una buona dose di elitarieta'.
Il Gattopardo è un monumento solitario, niente prima e assolutamente niente dopo, per un lungo tempo. Il romanzo ebbe una gestazione non troppo lunga, una composizione abbastanza breve vissuta tra i panorami urbani di una Palermo sfigurata dalla guerra e una villa parentale affacciata sul Tirreno in cerca di solitudine. Soltanto un genio del cinema poté pensare di affrontarne una versione cinematografica che non ne sfigurasse il senso profondo di cupio dissolvi che aleggia ovunque. Visconti chiude il sipario qualche anno prima della morte del principe Salina, alla fine del gran ballo a palazzo Ganci: una scelta intelligente e ineludibile. Il collasso di una generazione e di un'epoca non poteva essere meglio rappresentato: un vecchio aristocratico che attraversa un quartiere fatiscente, si inginocchia davanti al divino e chiede tra le lacrime un appuntamento con la vera e personale fine in una dimensione di "perenne certezza".
Non è solo una prospettiva diversa dalla storiografia ufficiale delle vicende che portarono il sud a fondersi con i Savoia piemontesi, è un'analisi spietata della metafisica isolana. Ma l'alito esistenziale di un sud antico non è stato quello che ha impedito a un testo magnifico di diventare oggetto di studio e diffusione scolastica. Un paese che ancora stenta a definirsi " nazione" non avrebbe mai potuto portare agli altari un libro che è la negazione di fatto della retorica risorgimentale. A rileggere e rivedere oggi certe sequenze del film di Visconti la frattura tra le italie e gli italiani appaiono evidenti. Non è il Gattopardo un libro educativo nel senso comune della parola. Fra le pieghe di antiche stanze, di mai sopiti ardori erotici, di eterne mediocri scappatoie che conducono a democratiche scelte popolari, di lunghissimi silenzi bruciati dal sole dei latifondi resta infine la consapevolezza che tutto e tutti, leoni e iene, generali e colonnelli, principi e campieri, coloro che sempre si considerano " il sale del mondo" tutti infine trovano pace in un mucchietto di polvere livida sotto lo sguardo senza emozioni di Concetta Corbera. Sarà lei l'unica protagonista nascosta di una Sicilia troppo stratificata e complessa per essere definita?
Trovo qui conferma alla mia sensazione che l'opera di Visconti fu fatta egregiamente.
RispondiEliminaBuona guarigione, signor Minimo.
Visconti ha costruito un capolavoro su un altro capolavoro. Succede raramente laddove la versione cinematografica di un romanzo non è quasi mai del medesimo livello dell'opera scritta.
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