mercoledì 1 maggio 2024

1860

Per risolvere e gestire problematiche sociali ed economiche nuove bisogna conoscere bene i luoghi, le tradizioni e l’ambiente in cui agisci. Il sud era un mondo a parte nel 1860, ne migliore ne peggiore, diverso. Un regno con la sua economia e la sua gente. I Savoia non fecero altro che sovrapporre il loro mondo, le loro leggi e i loro interessi a qualcosa che somigliava tanto ad una colonia di sfruttamento. In quest’ottica superficiale affidare il controllo del territorio campano alla camorra del tempo che già lo controllava parve ai piemontesi il sistema più comodo e sbrigativo, semmai da modificare in seguito! Il messaggio che arrivò alla popolazione fu immediato: niente è cambiato in meglio. Se Crispi ne fosse o meno al corrente non so dire ma certo è difficile pensare che le menti che pensarono e vollero l’unità di Italia, che ne idealizzarono la storia e il divenire, fossero così ingenui da non capire che l’abito unitario doveva essere cucito con altri tessuti e altri sarti. Vittorio Emanuele non cambiò nemmeno il numerale dinastico del suo nome alla proclamazione del regno d’Italia unito.

8 commenti:

  1. Strutturalmente è un mondo diverso ancora oggi.

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  2. La "diversità" è nelle persone abbienti e deriva dal fatto che al Sud domina l'aristocrazia coloniale spagnola, quindi latifondo improduttivo e servi della gleba, senza alcun interesse o motivo di introdurre un qualsiasi cambiamento.

    La "mafia" è il risultato dello stabilirsi nelle terre dei nobili delle soldataglie di ventura delle "guerre italiane" che si combatterono tra i grandi reami europei. Queste soldataglie rimanevano disoccupate e quindi si interponevano tra il nobile e i servi della gleba, di fatto taglieggiando entrambi. Altri non sono che i "bravi" del Manzoni che formalmente erano al servizio del nobile spagnolo Don Rodrigo, all'epoca (romanzata) in cui gli Spagnoli dominavano Milano e la Lombardia.

    Il guaio generale è che il Sud non ha avuto modo di passare per la fase delle autonomie comunali, delle signorie, delle repubbliche. Qui dalle mie parti tutte le cittadine grandi e piccole al centro hanno la cattedrale e il broletto, cioè le sedi dei due poteri che regolavano la vita medievale, la Chiesa e, a seconda del luogo e del momento, la assemblea dei maggiorenti o il consiglio del Duca.

    Ci sono stati tempi in cui l'Italia centro-settentrionale era un po' come la Grecia delle polis, cioè in sostanza città-stato a vocazione manifatturiera e mercantile, col loro porto o fiume navigabile e rete stradale con attorno un contado agricolo. Quando poi l'Italia fu invasa dai grandi reami come sopra, gli invasori ovviamente subordinavano i domini esteri alla ricchezza del proprio Paese però volevano anche cavarne tasse e tributi, quindi in qualche maniera la vocazione "imprenditoriale" fu mantenuta. Da cui il fatto che poi la popolazione rimaneva coinvolta, tanto i notabili che i popolani, tanto nella politica che nella economia.

    Se vogliamo risalire agli errori dei Piemontesi, secondo me fu quello di non espropriare l'aristocrazia meridionale per imporre la propria, questo di fatto ha impedito la "assimilazione" del Sud al Nord. D'altra parte l'Italia si è fatta a fatica, per un pelo, mancavano le risorse materiali e anche quelle intellettuali, per fare meglio. Se non fossero venuti i Francesi a combattere gli Austriaci, probabilmente l'Italia si sarebbe fatta dopo la Grande Guerra, a seguito dello sfaldamento dell'Impero Austro-Ungarico.

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  3. Sinceramente non so dove tu abbia appigli storici e certi per appoggiarvi le tue teorie. Quelle sull'origine della mafia poi sono veramente discutibili: l'alta e la bassa manovalanza di cosa nostra è da sempre autoctona. L'ipotesi che i Savoia avrebbero migliorato le condizioni del sud immettendo forzatamente la propria aristocrazia settentrionale è altrettanto fantasiosa. Comunque riconosco nel tuo scritto la stessa matrice che ho incrociato tempo fa sul blog di un uomo in cammino, hai un marchio di fabbrica. Io non ho più né tempo né voglia di contraddirti, il tuo commento è qui visibile e per quanto mi riguarda sufficiente. Buona serata.

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    1. Dipende dall'istruzione carente che riceviamo a scuola. Per esempio, a parte le date e gli eventi, a te non viene il dubbio che "da sempre" sia un concetto vago, visto che le Guerre Italiane sono del Cinquecento, da cui Ettore Fieramosca e il famoso episodio della Disfida di Barletta, cito le premesse:
      "L'11 novembre 1500, Luigi XII di Francia e Ferdinando II di Aragona firmarono il trattato di Granada, col quale si accordarono sulla spartizione in parti uguali del Regno di Napoli, all'epoca governato da Federico I di Napoli. L'anno successivo, le truppe francesi e quelle spagnole penetrarono in territorio napoletano rispettivamente da nord e da sud. Federico I fu presto costretto alla resa e il suo regno fu diviso fra Francia e Aragona."
      Poi ricito:
      "Il bravo era, in particolare nei secoli XVI e XVII, un uomo d'armi al soldo di gentiluomini e signori di campagna, dai quali era protetto: fungeva da guardia del corpo e svolgeva incarichi di fiducia dove era comune l'uso della violenza. "

      Non c'è nessuna fantasia nella storia di spossare e magari eliminare l'aristocrazia locale per sostituirla con la propria, era quello che facevano i Romani e poi si è ripetuto in tutte le situazioni in cui un certo reame voleva assimilare delle terre conquistate, per esempio i casi della Scozia e dell'Irlanda. L'eventuale genocidio degli indigeni conveniva solo se quelle terre erano improduttive e bisognava installare produzioni differenti. In quel caso si procedeva con l'assegnazione delle terre spossessate ai coloni, torniamo ancora ai Romani e alle "plantation" eseguite dagli Inglesi nell'Ulster.

      Tu continua a ripetere la storiella che ti hanno raccontato a macchinetta, vai sul sicuro.

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    2. Sto preparando la mia sparizione da questo ambiente, del resto se devo essere costretto a leggere farneticazioni e rivisitazioni pseudo storiche come queste...tu in quale eccelsa accademia hai studiato per produrre questi assiomi? Io semmai devo valutare attentamente se liberare oppure no i commenti. Ciao

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  4. Preparare una sparizione da questo ambiente per lasciare spazio alla bieca arroganza, figlia dell’ignoranza?Ci pensi bene per favore.




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  5. ci sto pensando da molto tempo. Troppo! Se ne passa ancora un po' qualsiasi decisione apparirà stucchevole e insulsa. La mia idea è più complessa, nasce da valutazioni personali che attengono alla sintassi, alla cultura, alla mai lunga esperienza in rete e infine anche alle condizioni fisiche. La fine di certe esperienze non arriva nello stesso tempo per tutti, esiste una sensazione intima e non esplicabile a parole che comunque urla forte e ti impone di fatto una scelta. Il giudizio su questa blogosfera e sui social in genere l'ho già espressa innumerevoli volte ma la rete continuerà la sua strada al di là del giudizio mio o di altri come me. La mia idea è soprattutto quella di lasciare i testi.

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