martedì 7 ottobre 2025

POESIA DI UNA RIGA

Poesia di una riga
scorciatoia per un paradiso senza rate
posizione certa
del mio vivere incerto.
Mi avvito senza fretta
e sono già dentro il sogno
il cuore dentro e gli occhi fuori
a scrutare il fastidio e la mancanza
le buone maniere
e il mio definitivo commiato.

domenica 5 ottobre 2025

AB INITIO -

Questi fogli non si aggiornano, sono trapassati. Vivono solo della lettura che lascia chi se li trova tra le mani. Il loro desiderio più grande (poiché essi sono tutt’uno con lo scrittore) resta inappagato e stride forte col bianco della pagina uccisa dai segni neri. Non so più scrivere mi dico a volte. Guardo smarrito la tastiera e mi affido al foglio e alla penna. Crollo la testa e mi allontano col pensiero da tutto: la stupidità di vivere arriva subito dopo con i suoi banchetti di roba usata. Mi dice guarda, tocca, compra e, soprattutto fai in fretta, domani non ci sono più, domani non esiste. Non c’è riuscita finora. Non compro nulla ma annuso tutto Apro le ali che non ricordavo di avere, il fruscio dell’aria sotto di me è una poesia che mi porta via. Non è vero che non so più scrivere. Scrivo per questo. Queste pagine sono state progettate per vivere in modo autonomo: questo significa fuori dalle intemperanze di chi legge ma anche di chi l'ha progettate. Troppe volte ho pensato di cancellarle, altrettante ho eliminato intere serie di articoli mai più recuperabili; i vostri commenti quando questi testi risiedevano nel web spesso hanno fatto l'identica ingloriosa fine. Non sono un soggetto da blog, non mi identifico nelle maggioranza delle vostre scelte intellettuali e sociali. Non ne sono capace. Però so con certezza che a queste condizioni, senza quello che voi chiamate "confronto" ma che io chiamo in altro modo, un luogo simile finisce come blog e diventa un'altra cosa. Trovategli voi un nome. I testi viaggiano come un'astronave solitaria carica del pensiero e della vita del suo autore non so cosa potrà porre fine al loro viaggio, io vorrei che durasse per sempre e che il tempo si scordasse del suo incedere. Penso anche che rileggendoli a distanza di tempo alcune cose appariranno più chiare e nette e che le velenose questioni che mi hanno accompagnato in questi anni finalmente possono svanire davanti a ciò che ho scritto senza nessuna coda! Mi piacerebbe per esempio che chi resta (i miei figli, qualcuno che mi ha amato o conosciuto) potesse ritrovare qui il senso di ciò che sono stato. E sorridesse. Anche per me che non sorrido mai. La mia scrittura è stata concepita così.

venerdì 3 ottobre 2025

DAS KAPITAL E L'ORTOGRAFIA -

All’età di 18 anni non avevo alcun dubbio: era il Capitale di Marx la vera strada e la vera novità in campo economico e sociale. Tra i due estremi liberalismo e marxismo avevo chiaramente scelto il secondo; a quell’età non ci sono mai mezze misure e anche ora è lo stesso. Tutto il territorio intermedio era territorio di conquista, inutile e vuoto, un terreno vastissimo e deserto da mettere a frutto con un’opera ferma di convincimento e, se necessario, di un buon numero di bastonate. Semplice, lineare, doloroso sempre. Ma noi eravamo eroi, vittime che si ribellavano a tutto e a tutti: non c’era tempo per analisi approfondite (soprattutto se potevano evidenziare qualche pecca o crepa nei nostri convincimenti). Quindi erano i soldi, l’economia a far girare il mondo, l’uomo era mosso esclusivamente dal denaro anche quando era convinto di possedere altri stimoli. Il vecchio professore di italiano e storia tentava di raccontarci di re e dinastie, guerre e confini superati o interrotti: io al massimo ma in segreto potevo pensare a qualche figura femminile alla Elena di Troia per intenderci. In realtà la mia generazione era certa che si trattasse solo di palesi menzogne: si combatteva e si moriva per denaro o per le sue fonti. Anche gli ideali più alti e ampi si reggevano su quel presupposto, se volevi cambiare il mondo, se volevi liberare l’uomo dovevi agire sulle leve economiche delle società. Non avevo nessun motivo reale per pensarla diversamente ma avevo un grosso difetto, leggevo Dostoevskij “Io sono un sognatore, e ho vissuto talmente poco la vita reale che non posso ripetere nei sogni dei momenti come questi. Voi sarete nei miei sogni, per tutta la notte, tutta la settimana, tutto l’anno” Dostoevskij - Le notti bianche) ...e lì il denaro contava meno! A ventanni la mia fede marxista aveva subito un duro colpo proprio nell’ambiente che frequentavo: c’entrava una ragazza (c’entrano sempre) e la sua vagina ideologicamente avanzata; da quella ero poi passato ad una revisione critica delle posizioni politiche del movimento. Insomma non ero più un fervente e cieco compagno ma quella prima idea sul Capitale di Marx era ancora profondamente valida per me: i soldi c’entrano sempre… le donne pure. E’ impossibile spiegare seriamente dove va a spiaggiarsi la mente e la fede di un uomo come me, ci sono troppe rotte e nessuna di esse domina le altre per un tempo sufficientemente lungo. Probabilmente una parte di colpa l’aveva avuta Dylan “Una poesia è una persona nuda.” perché io con la poesia non ho scherzato mai, ma c’erano pesanti responsabilità anche nella cultura in senso lato: già allora credevo alla mancanza di veri confini per la mente e il sapere. Nelle assemblee di allora come nei blog di oggi ho sempre pensato che tutti i campi dello scibile umano siano degni e importanti, dalla teologia alla fisica, dalla matematica alla giurisprudenza, dalla storia alla sociologia ma al fondo di tutto restiamo esseri umani, schifosissimi e bellissimi esseri umani. Non scriviamo solo perché ci piace o ci conviene, non lottiamo solo perché ci ha convinto qualcuno/a, non agiamo sempre e comunque secondo l’assioma stampato nel 1867, ci hanno ingannato anche in quel caso, c’è dell’altro. C’è la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore e il senso di vuoto davanti ad una ragazza nuda e fremente, le cose che ci tengono in vita sono queste. Più nascoste, apparentemente più banali e scontate, ma che lavorano continuamente su un piano che non troveremo mai né su un testo di Bentham né su uno di Engels. Sono trascorsi tanti anni e l’unica cosa che riesco a organizzare nella mia mente è la rivincita della poesia umana sul falso lirismo dei conti e delle cifre; questa dicotomia esiste è innegabile quanto l’opera di lavaggio mentale effettuata sui nostri convincimenti. Ci sarà sempre un mercato più esteso del nostro mercatino rionale che detterà i prezzi e le scelte economiche al nostro posto: mandarlo a quel paese è un atto politico o di poesia? Pretendere di organizzare la nostra convivenza secondo i dettati contrari all’attuale macelleria sociale è gesto politico oppure etico? Fregarsene delle necessità dei mercati globali e tornare alle nostre dimensioni vere è la vera rivoluzione: se una cosa ho imparato in quegli anni lontani e su quei libroni ammuffiti è che non c’è nulla che si muove se non spinto dall’idea che non siamo fatti solo di numeri e etichette ma impastati da un’ortografia artigianale e “sconveniente”. L’unica con cui possiamo scrivere.